Massimo Fancellu

Coaching per il team

Quando un dipendente “rema contro”, cosa ti vuol dire “fra le righe”? - Massimo Fancellu

Quando un dipendente “rema contro”, cosa ti vuol dire “fra le righe”?

Tempo fa, la responsabile di un ente pubblico che stava partecipando ad uno dei miei corsi sulla comunicazione coi dipendenti, mi espone una sua difficoltà: in ufficio ha un'impiegata che, ogni volta che riceve una direttiva, anziché darsi da fare e collaborare, si "mette di tre quarti" (tecnicismo). Un atteggiamento che, ovviamente, rende difficile la vita al lavoro per questa dirigente, sfiancata dai vari tentativi fino a quel momento andati a vuoto per spronarla e farle usare il buon senso.

Così, a questa partecipante ho chiesto: "Cosa ti sta dicendo questa impiegata di sé col suo comportamento?". Dopo averci pensato un po', la dirigente mi risponde: "Secondo me, è una persona che ha voglia di sentirsi più protagonista in ufficio, che vuole essere presa più in considerazione quando c'è da decidere qualcosa, anziché eseguire gli ordini e basta".

A questo punto, chiedo a questa responsabile se, secondo lei, la sua collaboratrice ha le competenze, l'esperienza, la preparazione necessarie per poter, effettivamente, essere chiamata maggiormente in causa anche nei momenti di decisione. La dirigente mi dice di sì. Così, abbiamo ragionato assieme su che cosa poteva fare, nel pratico, per coinvolgerla di più e per darle più autonomia.

Qualche tempo dopo, durante un altro dei nostri incontri in aula, la stessa responsabile mi racconta che le cose in ufficio sono cambiate: lei ha iniziato a interpellare più spesso nei momenti chiave la sua impiegata, lasciandole più spazio ed, effettivamente, questo ha spazzato via ogni ostruzione. Col risultato che, da "bastian contrario" questa collaboratrice si era trasformata in un'alleata della dirigente!

Pensi che le emozioni e i desideri di chi lavora con te non ti riguardino? Allora, forse non sai che...

Cosa mette in evidenza questo caso? Certamente, quali "miracoli" può fare l'empatia. Infatti, mettersi nei panni degli altri è un punto chiave per poter calibrare la gestione di ogni collaboratore in base a ciò che pensa, a cosa prova, a cosa sta dicendo di sé, dei suoi desideri e dei suoi bisogni.

Questo è quello che ha fatto quella dirigente: nel momento in cui si è fermata a considerare il bisogno della sua dipendente, lo ha riconosciuto e ha trovato il modo di usarlo per averne un beneficio reciproco, senza darsi più la zappa sui piedi. In effetti, ancor prima della sua impiegata, chi (inconsapevolmente) in ufficio remava contro era la stessa responsabile, fin tanto che non ha tenuto conto delle attitudini e delle motivazioni di questa dipendente.

Non so se già sai che l'empatia è un processo per entrare in relazione che ha anche basi scientifiche, riconducibili ai neuroni specchio rilevati per la prima volta (a metà degli anni '90) proprio da ricercatori italiani (Giacomo Rizzolatti e l’équipe del Dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Parma).

Questi ricercatori osservarono infatti che, nei macachi, alcuni gruppi di neuroni si attivavano non solo quando gli animali compivano una determinata azione, ma anche quando osservavano un altro soggetto compiere la medesima azione. Circuiti analoghi sono stati rilevati, in seguito, anche negli esseri umani. Oggi, i neuroni specchio sono conosciuti proprio come “i neuroni dell’empatia”: permettono di associare movimenti ed espressioni anche non verbali e para-verbali con le emozioni corrispondenti, se queste fanno parte della nostra esperienza.

Ciò che di veramente importante la scoperta dei neuroni specchio ha dimostrato è che, salvo patologie specifiche:

chiunque di noi è naturalmente portato a rispecchiare e comprendere le emozioni e gli stati d’animo degli altri. 

Ma non tutti siamo allenati ad usarli. E non tutti gli imprenditori e i dirigenti pensano che serva considerare emozioni e stati d’animo dei dipendenti… Peccato! Peccato perché emozioni e stati d'animo sono due componenti fondamentali della motivazione. E'ampiamente dimostrato, ormai, che:

gli imprenditori con un altro QI (il quoziente di intelligenza) ma privi o con scarsa intelligenza emotiva fanno molta fatica ad ottenere alte prestazioni dai propri collaboratori.

Come mai? Proprio perché fanno fatica a motivarli! Fortunatamente, oggi gli studi sulla comunicazione ci insegnano come utilizzare il principio del rispecchiamento a nostro favore; nello specifico, per:

• imparare come "sintonizzarci" con gli stati d’animo degli altri
• capire in che modo dire le cose ad una determinata persona
• ottenere velocemente la fiducia dagli altri perché ci facciamo identificare come “simili”
• indirizzare chi ci ascolta verso determinati stati d’animo

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EMPATIA: né insensibili, né succubi dei propri collaboratori

Questo è il motivo per cui ho deciso di inserire l'EMPATIA fra i 4 elementi chiave (assieme a Verità, Ritmo e Azione) per comunicare in modo diretto ed efficace (da me codificati nel modello Comunicazione V.E.R.A. Capo-Collaboratore). Usare l'empatia nei rapporti concreti di lavoro significa prestare ascolto e attenzione al dipendente o collega che ci sta davanti per ricevere, a nostra volta, ascolto e considerazione per il nostro ruolo e per ciò che vogliamo comunicare.

Ma l'empatia non ci serve non solo per capire l'altro. Infatti, se siamo empatici evitiamo anche di farci risucchiare in spirali distruttive e di farci assorbire da stati d'animo negativi, malesseri ed eventuali tentativi di manipolazione messi in atto dagli altri (consapevoli o meno che siano). Proprio la sensibilità che nasce dall'empatia ci è utile per gestire risposte insensate, critiche, obiezioni o anche eventuali attacchi personali, senza venir meno alla nostra autenticità e integrità personale.

Dunque, se vogliamo non farci più cogliere di sprovvista quando parliamo con un sottoposto o un collaboratore ma, piuttosto, indirizzare il colloquio verso un vantaggio reciproco, ricordiamoci che: 

mettersi nei panni dell'altro è la chiave per accedere alla sua disponibilità e farlo remare nella nostra stessa direzione. 

Man mano che ci alleniamo a usare con naturalezza l'empatia,  andremo sempre meno per tentativi   perché sapremo usare gli accorgimenti giusti per far emergere ragionevolezza, responsabilità e motivazione nelle persone del nostro staff.  Ma, naturalmente,  le cose possono cambiare -e pure tanto- solo se avremo voglia di rimettere in discussione, con curiosità e determinazione, gli schemi e gli atteggiamenti inefficaci e inconsapevoli a cui nel tempo ci siamo abituati.  

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Massimo Fancellu
 

Sono un formatore e un Coach professionista specializzato nello sviluppo dei Team aziendali. Col mio metodo “TEAM IN 3 PASSI” aiuto i Team di lavoro che vogliono essere più efficaci ed efficienti. Questo in azienda significa lavorare con più affiatamento, maggior benessere e aumentare la produttività del gruppo.

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