Massimo Fancellu

Coaching per il team

Emozioni: combatterle o negarle è un errore dannoso. Anche nei Team. - Massimo Fancellu

Emozioni: combatterle o negarle è un errore dannoso. Anche nei Team.

Che peso hanno le emozioni in un Team di lavoro? Le emozioni di chi il gruppo lo coordina, come il Team leader,  così come di ogni altra persona che ne fa parte? Ascolta questa storia. 

Marco e Luca lavorano entrambi per la stessa azienda come impiegati. Una mattina, Marco si avvicina alla scrivania del collega e, senza neanche salutare o guardarlo in faccia, ci appoggia sopra una cartella dicendogli, mentre già si allontana: "C'è da fare questa pratica per oggi pomeriggio".

Il tono di Marco non è neanche sgarbato ma dà troppe cose per scontate e Luca accusa il colpo. Il suo viso, per un attimo, si infiamma, mentre pensa "ma chi si crede di essere?". Vorrebbe reagire e rispondergli qualcosa, insomma, almeno un ciao o un per favore ci stavano... ma, d'altra parte, sa bene che quel lavoro è effettivamente urgente e che va fatto subito. E, quindi, si morde la lingua e, soffocando quell'attimo di stizza, presa la cartella in mano inizia a sbrigare la pratica.   

Luca ha preferito far finta di niente anziché far notare il suo disappunto al collega: come mai?

Luca non è abituato ad alzare la voce: sin da bambino, in casa gli hanno insegnato che arrabbiarsi non sta bene, che non è da persone educate; inoltre, anche il suo direttore, in ufficio, in più occasioni ha fatto capire chiaramente che non vuole conflitti, che non tollera quei colleghi che manifestano il loro malumore quando c'è qualcosa che non va. Tutto questo l'ha dissuaso, anche stavolta, dal far trapelare la sua stizza col collega. Ma, mentre lavora alla pratica che gli è stata affidata, continua a rimuginare sul modo di fare di Marco, senza capacitarsene. 

Alla pausa pranzo, Luca si incontra con un'altra collega, Gianna, e, fra un morso e l'altro al panino, non riesce a trattenersi dal raccontarle, non senza un certo astio, lo sgarbo subito da Marco. Nei giorni successivi, anche Gianna inizia a osservare in modo sospettoso ogni mossa che Marco fa in ufficio, convincendosi via via che, effettivamente, è un collega che è meglio tenere alla larga. Non solo: davanti alla macchinetta del caffè, Gianna non perde occasione di palesare anche ad altri colleghi questa sua diffidenza nei confronti del collega. Tanto che, dopo un po', la voce che è brusco e sgarbato arriva alle stesse orecchie di Marco il quale, a sua volta, finisce per pensare che i colleghi tramino alle sue spalle.

Tempo dopo,  Marco, Luca, Gianna e gli altri loro colleghi  si ritrovano a lavorare in un ambiente assai diverso rispetto a quello di qualche settimana prima: ognuno sta sulle sue, più prevenuto e distaccato nei confronti degli altri, fra tutti c'è meno fiducia perché nessuno sa più di chi può fidarsi, chi davvero sarà aperto, chiaro e diretto quando parla, mentre negli animi serpeggia sempre di più il risentimento.   

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La gestione errata delle emozioni può dipendere da motivi diversi

Naturalmente, questa è solo una storia ma, nei fatti, situazioni come questa (e anche peggiori) si verificano di frequente al lavoro (come mi raccontano dipendenti e responsabili aziendali ai corsi). Forse anche tu ci hai rivisto qualcosa di familiare, di già vissuto nella tua azienda.

Spesso, all'origine delle degenerazioni nei rapporti fra capo e collaboratori o fra colleghi, vi è una gestione errata delle emozioni.

Nel caso di Luca, l'errore è stato quello di soffocare la rabbia. I motivi per cui si finisce per passare sopra un'emozione possono essere diversi: ad esempio,  per paura di essere giudicati per una reazione decisa, per non voler essere considerati egoisti o pignoli o altro, per volersi sentire superiori agli altri in un momento in cui provi astio o risentimento ma non hai il coraggio di confessartelo oppure, semplicemente, perché non si sa capire e dare un nome a ciò che si sta provando. In ogni caso, sono tutte cose che, a lungo termine, incidono pesantemente sul clima e sulla produttività di un gruppo.

Luca, forse, ha cercato di scacciare l'emozione sgradita (la rabbia) per sentirsi migliore, più apprezzato dagli altri (collega e direttore) o, forse, non si è neanche reso conto più di tanto, sul momento, di esserci rimasto male o, forse, si era talmente abituato a quel modo di fare antipatico di Marco da non riuscire neanche a pensare che le cose potessero andare diversamente.

Cosa avrebbe potuto fare di diverso?

Ad esempio, avrebbe potuto parlarne con Marco: forse non subito, forse in un altro momento propizio o, forse, non troppo seriamente, magari mettendoci un po' di umorismo o ironia; ma, sicuramente, avrebbe dovuto parlarne. Con Marco, e non con altre persone.

Gestendo diversamente le sue emozioni, Luca avrebbe adottato un diverso comportamento, che avrebbe aiutato tutto il suo gruppo di colleghi a lavorare in un clima di maggior fiducia, con più disponibilità a collaborare.

Cosa possiamo imparare sulla gestione delle emozioni da questo racconto?

Sicuramente, non a prendere a schiaffi  o ribaltare la scrivania del collega quando ti chiede le cose in malo modo... scherzi a parte, la storia ci insegna che

affrontare l'argomento con il diretto interessato - possibilmente senza passare dalla parte del torto - è il modo più corretto per incanalare positivamente l'emozione.

Ricordiamoci che gli stati d'animo che proviamo ci accompagnano, ogni giorno, in qualunque situazione viviamo. Per questo, la gestione delle emozioni è un tema trasversale ad ogni ambito della nostra vita: a livello individuale, come persone, e per il riflesso che, inevitabilmente, hanno nelle nostre interazioni con gli altri. Anche nei Team di lavoro, appunto. 

Il vissuto emotivo di chi lavora influisce sulla qualità e quantità delle prestazioni e sul benessere di tutto il Team.  

Pur senza doverti trasformare in uno psicologo, va da sé che, se gestisci un gruppo di collaboratori, devi mettere anche in conto di occuparti delle loro emozioni, perciò. Chiaramente, nei termini in cui questo è funzionale per far sì che le persone lavorino assieme con trasparenza, correttezza e collaborazione reciproca, anziché andando alla deriva.  

Quando iniziamo a gestire le emozioni (nostre e altrui) dobbiamo fare attenzione, però, a non cadere in alcuni possibili equivoci o tranelli, come quello di giudicare ciò che stiamo provando, dividendo gli stati d'animo in belli o brutti (come ho spiegato già in  quest'altro articolo). 

Quello che la storia di Marco e Luca mette in evidenza è, invece, un altro errore molto frequente. 

Combattere, ignorare, evitare le emozioni non le fa sparire

Non tutte le emozioni ci piacciono allo stesso modo. Questo a causa di abitudini,  convinzioni ed educazione errate.  In diversi casi, le persone tentano, così, di scacciare quella rabbia che non si voleva avere, quella paura che non ci doveva essere, quel disgusto che non ci si aspettava di sentire. Il punto è che, più si impugna la spada per cercare di mettere alla porta l'emozione sgradita, più quell'emozione diventa forte, quasi imbattibile. Questo in base a un principio che un grande psicologo come Jung ha spiegato in modo molto semplice:

Ciò a cui resisti, persiste.  (C.G. Jung)

E a nulla vale, ugualmente, cercare di evitarle, nasconderle o far finta che non esistano. L'emozione non riconosciuta e non accolta rimane lì, insistente, finendo per disturbare il nostro equilibrio psicofisico e le nostre relazioni con gli altri. Le emozioni represse, ignorate o negate si trasferiscono negativamente anche nell'ambiente di lavoro e, gioco forza, sui risultati di un intero Team, data l'interazione fra le persone.  

Per questo, l'atteggiamento più corretto è anzitutto quello di riconoscere, accogliere e accettare ogni emozione che proviamo, piacevole o meno piacevole che sia. Dicendo un sì senza se e senza ma all'emozione, avremo poi la forza per gestirla positivamente, ovvero per incanalare quell'energia con comportamenti e azioni funzionali per portare più benessere o, comunque, meno malessere. 

E in questo un ruolo importante, in un gruppo, lo gioca anche il Team leader. Chi è responsabile di un gruppo, infatti, anziché soffocare le dinamiche di interazione "spinose", dovrebbe notarle e, all'occorrenza, intervenire il prima possibile, in modo da finalizzarle positivamente verso i risultati del gruppo.  

Questo, naturalmente, se non vuole che il gruppo lavori portandosi dietro fantasmi che, muovendosi nell'ombra, finiscono per risultare quasi imbattibili. 

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Massimo Fancellu
 

Sono un formatore e un Coach professionista specializzato nello sviluppo dei Team aziendali. Col mio metodo “TEAM IN 3 PASSI” aiuto i Team di lavoro che vogliono essere più efficaci ed efficienti. Questo in azienda significa lavorare con più affiatamento, maggior benessere e aumentare la produttività del gruppo.

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