Mi racconto

Hai un modo morbido, dolce, nel far arrivare i messaggi. Effettivamente, rispetto ad altri corsi che abbiamo fatto, più rigidi e strutturati, con te riusciamo a prendere coscienza e metabolizzare le difficoltà che abbiamo come gruppo senza sentirci sopraffatti: le vediamo più leggere, più affrontabili, più alla nostra portata per poter essere risolte. Come dire, pur senza grandi enfasi o pressioni, anzi, forse proprio per il fatto che non ne fai, ciò che deve arrivare arriva e ci dà la spinta per cambiare, un passo alla volta.

Questo, più o meno, è quello che sento dirmi ogni volta che lavoro con un team aziendale.

Questo, però, oggi nessuno me lo direbbe davvero se nella mia vita, affamata di esperienze, da studente universitario nella dotta (e godereccia) Bologna, non fossi incappato nei mitici Training Group organizzati da Maurizio Rosa, il mio eccentrico Professore di Organizzazione aziendale.

Training Group: un’esperienza dirompente

È proprio grazie alle sue lezioni coinvolgenti e “fuori dagli schemi”, infatti, che mi sono appassionato all’idea di aiutare gli altri a far emergere le proprie capacità potenziali. È così che mi sono innamorato…della formazione e del lavoro in gruppo!

Non so se tu hai mai sentito parlare dei Training Group: week end più o meno lunghi (mediamente, 2-3 giorni), isolati dal resto del mondo, dentro una stanza, con altri 6-8 studenti (mai visti prima), senza che nessuno ti dicesse come organizzarti per sopravvivere lì.

Un format stile Grande Fratello, per certi versi, sotto lo sguardo impassibile e onniveggente non di una telecamera, ma del trainer e di alcuni suoi assistenti, intenti a osservare ciò che accadeva durante le ripetute sessioni in gruppo, senza proferir parola.

Unica loro indicazione: vivere quel tempo in gruppo stando nel qui e ora, presenti a tutto ciò che via via succedeva in quei giorni intensi e a prova di nervi.

Già, perché, dopo poco, l’imbarazzo iniziale scemava, alcune maschere iniziavano a cadere, scatenando dinamiche fra le più varie e, a volte, imprevedibili. E così, il “politically correct” lasciava il posto a litigi (anche per i pretesti più futili), accesi dibattiti, risate, pianti, balli, scherzi, momenti di noia mortale e altri di comunione totale fra tutti, mai provati prima: un saliscendi di stati d’animo e dinamiche di relazione che non poteva lasciarti indifferente. In poche ore, da perfette sconosciute, quelle persone ti diventavano così familiari, scoprivi così tanto di loro, che ti sembrava di conoscerle da sempre. 

Al termine del week end “a scatola chiusa”, tornavi a casa con un vissuto forte del gruppo sulla pelle che, di certo, nessuna doccia avrebbe lavato via, né quella sera, né mai. 

Ti assicuro che in poche altre situazioni si può fare un’esperienza così forte e concentrata di quello che stare assieme in gruppo significa e può comportare. E ti assicuro anche che molte dinamiche viste o vissute non le capisci sul momento, ma giorni e mesi dopo. E, a quel punto, ti sono così chiare che non te le scordi più. 

Insomma, un’esperienza dirompente per imparare a stare con gli altri senza farsi travolgere, andando via anche, possibilmente, con la voglia di ripetere l’avventura, perché, in fondo, quei giorni senza apparente capo né coda, dopo poco già ti mancavano. 

A me, questa voglia, per fortuna, non è mancata, e di Training Group ne ho fatti 3, più un quarto nel ruolo di osservatore, vigile e silenzioso; e anche in quella veste ho imparato davvero molto su come il gruppo cambia, evolve e si riaggiusta.

Nel ritorno alla “vita normale”, dopo ogni Training Group, ho fatto così tesoro delle esperienze e consapevolezze acquisite sulla vita in gruppo. Fino a che, dopo la laurea, non ho scelto la via della formazione e del coaching proprio per supportare lo sviluppo dei team aziendali.

Lavorare con i team, il passo più naturale

Forse ti stai chiedendo se il Training group può funzionare anche in un’azienda. 
La mia risposta è no. Per lo meno, io non lo userei mai: troppo destrutturato per applicarlo in un’organizzazione che ha bisogno, invece, di interventi e soluzioni veloci, che non è bene lasciare al caso ma, piuttosto, guidare per arrivare dove interessa. 

Però, per imparare cos’è un gruppo, come evolve, e per maturare sensibilità su ciò che vi succede, i Training Group erano e restano, invece, un terreno praticamente perfetto.

A conti fatti, e a distanza di anni, perciò, quei Training group sono stati la mia fortuna: oltre ad essermi divertito molto ed essermi fatto parecchi amici (che è già abbastanza), quelle esperienze sono state il primo passo fondamentale per essere oggi un team coach. 

Dalla “panchina”, affianco le aziende e i gruppi che desiderano trasformare il concetto di “lavorare assieme per forza, perché non se ne può fare a meno” in “lavorare assieme per il piacere di giocare e vincere tutti la stessa partita”.

Lo faccio con lo stile che, sin da bambino, mi è più naturale: osservo e ascolto, parlando poco ma, con molta dolcezza e comprensione, lasciando spazio ad ogni player del team di usare la propria testa fino a trovare, gradualmente, assieme agli altri, una quadra comune.

Massimo Fancellu in sintesi

Coach PCC (Professional Certified Coach) della ICF (International Coach Federation); iscritto nel Registro internazionale dei Mentor Coach ICF.

Specialista in team builiding, team coaching, coaching organizzativo sistemico, outdoor management training e attività esperienziali per lo sviluppo dei team di lavoro.

Ideatore di TEAM IN 3 PASSI, il metodo che, per gradi e senza forzare, cambia il modo di collaborare assieme, costruendo fiducia, allineamento e risultati duraturi.

Fondatore e Amministratore di Agape Consulting Sas, società che dal 2002 offre servizi di coaching, formazione e comunicazione.

Formatore (dal 1996) esperto in sviluppo del potenziale umano e dei comportamenti organizzativi, dinamiche di gruppo, crescita dei team aziendali, leadership, comunicazione, creatività e innovazione.